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LAVINIA SCOLARI

Gift Objects in Virgil’s Aeneid

Abstract

Secondo l’antropologia degli oggetti, i doni sono oggetti speciali con una propria storia e memoria. Essi sono in grado di promuovere, creare e mantenere legami sociali tra le persone proprio in ragione del loro ruolo di portatori culturali e personali di significato (Gregory 1982b; Kopytoff 1986; von Reden 1995: spec. 60 s.). In qualche misura, questo è anche vero nell’antica Roma, dove quella del dono era una pratica di reciprocità diffusa, che consentiva di tessere una complessa rete di relazioni. Tale complessità si riflette nel poema più rappresentativo della cultura romana: l’Eneide di Virgilio. Il mio contributo mira a indagare la rappresentazione degli oggetti del dono nell’Eneide, con particolare riguardo agli espedienti narrativi e alle categorie culturali e mitiche coinvolte. Pertanto, l’obiettivo principale di questo studio è di evidenziare il ruolo attivo che gli oggetti del dono giocano nel poema: quali sono le loro funzioni relazionali e a quale scopo servono? Tali oggetti mostrano di avere un qualche tipo di agency? Hanno una connotazione di genere? In che misura l’identità e le intenzioni del donatore – o l’identità e le esigenze del destinatario – possono influenzare natura, esiti e loro rappresentazioni? Intendo prestare particolare attenzione ai rapporti tra ospiti nel contesto epico e alle rappresentazioni degli oggetti scambiati nel poema: i doni tessili (textilibus donis) che Andromaca offre ad Ascanio, un ricordo (monumentum) delle sue mani (Aen. 3.483-91) e che Servio considera adeguati a una donatrice; il cratere d’oro che Cisseo donò ad Anchise (Aen. 5.535-38) come ricordo (monumentum) e pegno del reciproco affetto (pignus amoris); e gli “oggetti di famiglia” che Enea offre ai suoi ospiti, da Didone al re Latino, da Eleno a Evandro.