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LAVINIA SCOLARI

Pauperem praeferam: Beneficentia e dono ai poveri tra Cicerone e Seneca

Abstract

L’articolo si propone di esaminare il significato specifico della beneficentia a Roma antica in rapporto alla rivalutazione del ruolo degli inopes come destinatari delle forme di liberalitas all’interno della rappresentazione fornita da Cicerone nel De officiis e da Seneca nel De beneficiis. Se Cicerone rivendica l’utilità del dono ai poveri (purché meritevoli) evidenziando come esso comporti un ritorno non solo in termini di riconoscenza ma anche di gloria (Off. 2, 63; 69-71), Seneca si serve dell’apologo di Eschine (Ben. 1, 8-9) per dimostrare come il pauper, benché privo di mezzi, possa trovare in se stesso le risorse più adeguate al contraccambio virtuoso. Seneca fa un passo ulteriore trattando del ‘dono anonimo’ di Arcesilao al pauper verecundus (Ben. 2, 10, 1), attraverso il quale segnala come il vero guadagno del donatore non consista nella riconoscenza del beneficato né in un ritorno di immagine, ma nella consapevolezza di aver fatto del bene.